Coleman, il più veloce del mondo sui 60

19 Febbraio 2018

L'argento iridato dei 100 metri torna a brillare sotto il tetto e ad Albuquerque sfreccia in un fragoroso 6.34 ai Campionati Indoor USA

di Giorgio Cimbrico

Un paio di cose, a Clemson, non erano andate per il verso giusto: blocchi di partenza che non segnalavano le false partenze e un esame antidoping non eseguito subito dopo. Rapida morale: il 6.37 centrato da Christian Coleman il 19 gennaio ne meeting della South Carolina aveva speranze zero di esser portato all’omologazione né di cancellare il ventennale record, con bis concesso nel 2001, di Maurice Greene: 6.39, prima irruzione sotto la barriera dei 6.40.

Così, Christian, usando un’espressione che chissà si usa anche in America, ha tagliato la testa al toro e ai campionati americani ha corso tre centesimi più rapido: 6.34. La dimensione dell’evento in cui il lampo è arrivato non lascia dubbi sulla ratifica del nuovo limite.

Nell’ormai prossimo cinquantesimo anniversario dei prodigi messicani, è giusto notare che l’altitudine sa offrire sempre una generosa mano: Albuquerque, capitale del New Mexico, è a 1507 metri sul livello del mare ed è un centro di preparazione per atleti che preparano lunghe e lunghissime distanze. Tra i testimoni oculari della nuova impresa di Rocketman, i marciatori azzurri al lavoro sull’altopiano del sudovest americano che si sono ccncessi una pausa per trovarsi faccia a faccia con la Folgore di Atlanta, con il piccolo grande uomo (Coleman è 1,75 per 70, molto normale di fronte ai titani che hanno monopolizzato l’ultimo decennio) che proprio nei giorni dei Mondiali indoor di Birmingham taglierà il traguardo dei 22 anni.

In un momento di condizione che definire lucida equivale a una “diminutio”, Christian, vicecampione dei dei 100 a Londra (ai 90 era ancora in testa lui, ha percorso il cammino in 6.46 (batteria), 6.42 (semifinale) senza dare l’idea di aver spremuto tutto il succo e pronto a dare l’accelerata a titolo in palio. Dopo aver preso il via (149 millesimi il tempo di reazione), è stato costretto a inseguire Ronnie Baker che ha tenuto duro sino a metà gara. A partita vinta, per un mezzo metro abbondante, Coleman si è concesso il lusso di alzare le braccia, come Tommie Smith, come Carl Lewis Baker ha saputo sfruttare il vortice creato da Christian e con 6.40 è diventato il terzo uomo della storia, a un centesimo da Greene. Quando Bolt bruciò il tempo a Berlino offrendo il sensazionale 9.58, ai 60 passò in 6.31. Unito al record all’aperto di Coleman, 9.82, può esser la chiave per qualche giochetto, qualche elucubrazione. Il piccoletto può insidiare il record americano, 9.69, di Tyson Gay?

Quanto ai record mai andati a libro per una lunga serie di cause (nel passato: assenza di anemometro, dubbi sulla regolarità della pedana o della pista, settore di lancio in discesa, calzature messe al bando) potrebbe essere scritto un ponderoso volume: mezzo secolo fa le “brush spikes” a 68 piccoli chiodi impedirono l’omologazione del 19.7 d John Carlos, del 44.4 di Vince Matthews e del 44.0 di Lee Evans e nel 71 la prima irruzione di un disco oltre i 70 metri, 70,38 di Jay Silvester nella ventosissima Antelope Valley, non fu portato alla ratifica perché il “piattello” gigante prese terra sul campo di football. In leggero declivio?

VIDEO | CHRISTIAN COLEMAN CORRE I 60 METRI INDOOR IN 6.34, RECORD DEL MONDO

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